Quel tappeto dava davvero un tono all'ambiente

Noi, se si muore solo un po' chi se ne fotte, ma sia molto tardi che si va a dormire…

Ma facciamo la rivoluzione??

Così mi apostrofa stamattina un collega d’agenzia.
Gli rispondo: siamo vecchi. Devono farla i ventenni, la rivoluzione.
“Dai, loro vanno al macello, noi comandiamo”, aggiunge scherzando. O forse no.

Quarto d’ora canonico di lettura quotidiani on line e mi accorgo che gli studenti stanno scendendo in piazza, almeno ci stanno provando. Due moti si agitano in me: quello disperante e scettico che vede in questi episodi la buona scusa per saltare l’interrogazione su Dante (quanto autobiografismo) e poi il moto malinconico, che si ricorda della propria infanzia, dei sogni di cambiamento, della voglia di sovvertire tutto e costruire un mondo nuovo.

E mentre il primo è perfettamente inserito nel cinico contesto dell’ex liceale classica, ex sognatrice pseudosessantottina, ex pseudocomunista, ex cinefila (la lista degli “ex” potrebbe durare all’infinito) seduta ora alla scrivania di una delle più grandi “multinazionali della fuffa”, il secondo è molto più pericoloso.

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti/sì qualche storta sillaba e secca come un ramo./ Codesto solo oggi possiamo dirti:/ciò che non siamo, ciò che non vogliamo/


E’ la voce della verità, quella “coscienza” che grida prepotente “potevi, potevi, potevi!!E non hai mosso un’unghia”.
Guardare i ragazzini in piazza mi fa male dentro. Vorrei essere lì con loro, stringere uno striscione, urlare frasi violentissime e giustissime, con la meravigliosa ingenuità di quell’età.
Ma vorrei anche spedirli tutti a casa, mandarli a studiare, interrogarli facendo crollare in due secondo le loro inconsapevoli motivazioni belligeranti.
Vorrei ucciderli.
Perchè io, noi, ci siamo suicidati e da allora non è cambiato nulla.

Verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte: per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti, per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti!

La paura di guardare MI ha fatto chinare il mento.
Bene. Ammettere il problema è metà della soluzione, così pare.
Ma la gravità si fa ancora più pesante e minacciosa quando considero non solo di non aver davvero fatto niente per cambiare il mondo in cui vivevo (anzi, plasmandomi di conseguenza. Cosa molto umana e comprensibile. Sociologicamente “normale”) ma nemmeno me stessa. Nè allora nè ora.

La mia rivoluzione non è arrivata, non arriva.
Quella egoista, egocentrata, egocostruttiva.
E sono davvero stanca di non guidare.
Il posto del passeggero mi nausea, non basta più alcuna medicina auto o eteroimposta a placare questo insopportabile giramento di testa, questo verme solitario aggrappato ad ogni villo.
E’ giunto il momento di prendere in mano le redini, in tutti gli aspetti della mia vita, anche quelli relazionali.
Quanto meno imbarazzante che continui again and again a permettere a “persone” di prendere pieno possesso dei miei pensieri, delle mie azioni.
E’ quella incomprensibile fiducia nell’essere umano che mi frega.
Anche questa volta.

It has to start somewhere It has to start sometime
What better place than here, what better time than now?

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